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Quando i cuccioli hanno “il papà”

by LUISA NARDECCHIA
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Quando i cuccioli hanno “il papà”

L’accudimento della prole rappresenta una delle strategie evolutive più affascinanti e diversificate del regno animale. Nella maggior parte delle specie è la femmina a occuparsi delle cure parentali, ma in tanti altri casi anche il maschio svolge un ruolo fondamentale.

Jurassic Dad!

Analizzando i resti fossili di alcuni dinosauri ritrovati insieme ai loro nidi, uno studioso americano, Gregory Erickson, ha stabilito con sufficiente certezza la natura dei reperti: si tratterebbe di esemplari maschi, fatto che rafforzerebbe l’ipotesi di una cura del nido da parte dei padri. Lo so, state già pensando che questo deve essere il motivo dell’estinzione dei dinosauri. Ebbene, niente di più sbagliato: in natura, i papà esistono.

Mater semper certa…. pater numquam!

Certo, in natura sono percentualmente in maggioranza le femmine ad accudire e allevare i cuccioli. E secondo alcuni biologi ci sarebbe una spiegazione logica a questo comportamento: la femmina assiste la sua prole, mentre il maschio non ha nessuna certezza che quel cucciolo o quel pulcino siano davvero suoi, e dunque, se vuole perpetuare i suoi geni, deve impiegare le energie soprattutto cercando di fecondare il maggior numero possibile di femmine. L’istinto dello sciupafemmine trova qui una sua giustificazione scientifica.

Eccezion fatta

Ma ci sono eccezioni eclatanti: a volte, infatti, il maschio si occupa della prole, anche se questa prole non porta il suo DNA. Ci sono passeri che allevano i cuculi, per esempio: infatti le femmine di cuculo depongono le loro uova all’interno dei nidi di altri uccelli, per non doversi sobbarcare la cura dei figli. La coppia “ospitante” accetta altre uova nello stesso nido perché avere più uova aumenta le possibilità di sopravvivenza della covata. Quindi, il maschio accetta il rischio di occuparsi di pulcini non suoi, pur di aumentare le probabilità di perpetuazione della specie. Quando si dice che sono “gli ultimi a saperlo”.

Do ut des

Poi ci sono i maschi della prunella modularis, nome scientifico della comunemente nota come “passera scopaiola”. Il sorrisetto ironico che vi vedo fare nel sentire questo nome non è del tutto fuori luogo: perché i maschi di questa specie dedicano ai pulcini tanto tempo quanto quello che la femmina, che ama accoppiarsi con più maschi, ha trascorso con lui, il “vero padre”. Ah, mi mi spiace deludervi, ma il nome della passera scopaiola deriva dall’ erica scopiaria, un’erba con cui si fanno le scope…

Maschi alfa … ma da riproduzione!

In natura, quando un maschio accudisce la prole, non perde per niente la sua “mascolinità”. Anzi! In tante specie pare che le femmine selezionino i maschi in base alla loro capacità di accudimento.

E la modalità di accudimento più diffusa in natura è senz’altro la protezione della prole.

Ma ci sono anche maschi che fanno di più, per esempio possono provvedere alla cova delle uova, e qui va portato come esempio il cavalluccio marino (Hippocampus), che riceve le uova dalla femmina e le custodisce in una speciale tasca ventrale fino alla schiusa.  Anche il maschio del pesce gatto (Ariidae) custodisce le uova nella bocca fino alla schiusa, assicurandone la protezione da predatori e infezioni. I Ciclidi africani custodiscono nella loro bocca prima le uova e poi gli avannotti, fornendo loro nutrimento e rifugio. Encomiabili papà, non c’è che dire!

 Quando i cuccioli hanno “il papà”
Un maschio di pesce pagliaccio pomodoro sorveglia le proprie uova

Quando è la mamma che riporta la pagnotta

Chi non ricorda il film del 2005 La marcia dei pinguini? Tra i pinguini imperatori (Aptenodytes forsteri) il maschio cova l’uovo rimanendo nella posizione di cova per circa due mesi, senza muoversi nemmeno per mangiare. Intanto la femmina percorre decine di chilometri per pescare in mare aperto e riportare cibo, che rigurgiterà, al suo piccolo. Il padre dunque cova l’uovo per mesi, e non solo: dopo la nascita proteggerà il cucciolo da temperature estreme e lo nutrirà con una secrezione densa dello stomaco nei primi giorni di vita. E così i pinguini hanno capito che… il lavoro più pesante è proprio quello.

Padri… fondatori

Un’altra attività che vede impegnati i papà animali è la costruzione e la manutenzione del nido: le rondini, i merli, i picchi, lo svasso, gli uccelli tessitori (Ploceidae) e i fringuelli zebrati (Taeniopygia guttata) sono noti per il contributo maschile alla costruzione dei nidi. D’altra parte, pare che il 90% dei padri pennuti si occupa dei piccoli, alternandosi con la madre al nido anche per accudire e imbeccare la prole e per difenderla da possibili predatori.

Nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, questo maschio di emù sta vicino al proprio piccolo per proteggerlo dai predatori.
I maschi di questa specie si occupano dell’accudimento della prole.
FOTOGRAFIA DI JAMI TARRIS

Anche i maschi allattano

Per la serie anche i maschi allattano, sembra che i piccioni, addirittura, nutrono i piccoli appena nati con il cosiddetto “latte di piccione”, una sostanza molto grassa prodotta dal maschio e secreta da una ghiandola dell’esofago. Ma non ho trovato altri casi da aggiungere a questa casistica.

Il peso della paternità

Curiosa poi l’attività dei maschi di alcune specie di rane, come la Ranitomeya imitator, perché si tratta di cure parentali maschili avanzate: i maschi trasportano i girini sulla schiena per rilasciarli in piccole pozze d’acqua protette. Anche tra i poco noti marmoset (America Meridionale, foresta pluviale) i maschi portano i piccoli sulla schiena e li nutrono regolarmente. È il “peso” di essere padri, anche in natura.

Gli esempi sono tanti, qui ne riporto solo alcuni, ma chi vuole approfondire può farlo qui.

A proposito di peso, devo citare (non vorrei, proprio oggi, ma è dovere di cronaca) le tendenze infanticide dei padri di alcune specie. Mi limito a questo passaggio, ma se vi incuriosisce l’argomento leggete qui e anche qui.

Il primato dei primati

Tra i primati non abbiamo così tanti esempi da portare di “paternità applicata”: poche specie hanno padri che partecipano alle cure parentali. Per lo più il maschio non si occupa della prole e, terminato l’accoppiamento, lascia madre e piccoli al loro destino.

Ma anche qui ci sono le eccezioni: il lupo e la volpe, per esempio, sono padri collaborativi, affettuosi e giocherelloni.

C’è poi una piccola scimmia nelle foreste equatoriali dell’America Centrale, il tamarino edipo (Saguinus oedipus Linnaeus), che prende letteralmente in braccio il piccolo neonato, lo lava e se ne prende cura a tempo pieno fino allo svezzamento, riportandolo alla madre ogni 2 o 3 ore per le poppate. E non dimentichiamo che Desmond Morris parla del gatto maschio descrivendo il suo comportamento accudente e giocherellone con i cuccioli.

Quando i cuccioli hanno “il papà”
Un cucciolo di volpe rossa “dà un bacio” al padre nel Parco Nazionale di Yellowstone, in Montana.
FOTOGRAFIA DI ROBBIE GEORGE, NAT GEO IMAGE COLLECTION

Animali sociali e baby-sitter

Alcune specie praticano un vero e proprio “matriarcato” nell’accudimento dei cuccioli, escludendo i maschi da questa responsabilità e tenendoli solo per la riproduzione.

È il caso dei tori (neanche a dirlo). I tori infatti vivono da soli, o in due o tre, eccetto che nella stagione riproduttiva, mentre le mandrie sono composte da vacche e da esemplari giovani (maschi e femmine) che sviluppano relazioni preferenziali nei primi 6 mesi di vita.

Quando i cuccioli hanno “il papà”
Cavalli al pascolo: lo stallone con fattrici e puledri

I cavalli in natura vivono in branchi che includono da uno o due maschi, mediamente sei femmine e la prole. Lo stallone non ha una parte attiva nell’accudimento dei puledri, ma li protegge dalle minacce esterne. Lo stallone deve curare la conservazione del gruppo, e in caso di minaccia radunerà i membri del suo harem con un posizionamento caratteristico: testa in basso, collo allungato, chiamata “condotta”. Ma l’aiuto alle mamme non manca: in natura ogni branco di cavalli che si rispetti è provvisto di zie: cavalle con spiccate attitudini materne, equilibrate, apprensive e attente, che si prendono particolare cura dei puledri delle altre femmine.

Allevare humanum est

E l’animale-uomo? L’approccio alla genitorialità è cambiato molto rispetto al passato. I padri di 50 anni fa erano del tutto assenti nell’accudimento e nell’educazione. Inoltre, rappresentavano esclusivamente la parte autoritaria, che puniva e comandava. Un ruolo unico, saldo, integro e senza sovrapposizioni. Oggi l’interscambiabilità dei ruoli permette a ognuno di godere dell’accudimento e della vicinanza alla prole.  

La mascolinità non è legata esclusivamente al testosterone spiega l’antropologo Lee Gettler, e precisa che “è sempre più evidente che la fisiologia maschile è capace di rispondere alla paternità, una caratteristica che si è a lungo attribuita solamente alle donne”.

Evviva!!! Perché…

oggi, padri o non padri, è la festa di tutti i maschi liberi del mondo.

Sitografia

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