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Biodiversità: l’Atlante delle Razze Autoctone. La nuova edizione di un testo che fotografa la situazione Italiana

by ANNALISA PARISI
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La conservazione delle risorse genetiche e la salvaguardia dei territori agricoli rappresenta una missione che genera connessioni cruciali per garantire la sostenibilità ambientale e la resilienza delle comunità rurali. Preservare la diversità genetica animali e vegetale è essenziale per affrontare le sfide globali come il cambiamento climatico e la perdita di habitat.

È responsabilità di tutti contribuire alla protezione e alla valorizzazione della biodiversità agraria per un futuro più sostenibile.

Riportiamo le parole di Riccardo Fortina, spese per la presentazione dell’ultima edizione della nuova edizione dell’Atlante delle Razze Autoctone, curato da Daniele Bigi e Alessio Zanon.

Per la sua storia, il suo clima e la sua cultura, l’Italia è uno dei Paesi più ricchi al mondo di razze animali; con il loro allevamento sono stati modellati ambienti e paesaggi rurali unici, si sono sviluppate tradizioni e culture locali, e sono nati prodotti ed eccellenze alimentari che hanno regalato al nostro Paese fama e notorietà riconosciute a livello mondiale.
Se la salvaguardia delle razze animali oggi è una delle sfide più impegnative lanciate dalla comunità scientifica a livello mondiale, per l’Italia essa assume un significato particolare ed estremamente importante non solo dal punto di vista economico, ma anche – e soprattutto – sociale, culturale e ambientale. Conservare la diversità genetica è un pre-requisto fondamentale non solo per garantire la sicurezza alimentare di una popolazione mondiale in continua crescita, ma anche per ridurre la povertà e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Secondo la FAO, nel mondo sono allevate 38 specie animali e più di 8.700 razze diverse di uccelli e mammiferi; ma questo enorme patrimonio è continuamente minacciato: si stima che il ritmo di estinzione sia di due razze ogni mese.

METODI DI CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ ZOOTECNICA

Daniele Bigi ed Alessio Zanon nell’introduzione alla loro pubblicazione ben definiscono e circostanziano alcuni concetti sostanziali.

Secondo le indicazioni riportate dalla FAO i metodi di conservazione sono tre:

In situ: viene definito tale quando la razza è allevata nel proprio ambiente d’origine ed è utilizzata dagli allevatori, nell’ecosistema agrario, secondo le pratiche di allevamento diffuse in quel particolare territorio. Questo metodo consente alla razza di adattarsi e di evolversi in armonia con le modificazioni ambientali e crea le migliori condizioni per un suo utilizzo e per la sua conservazione. Quando la popolazione presenta una consistenza molto ridotta, aumenta il rischio di consanguineità e in questo caso deve essere data la massima attenzione agli schemi di accoppiamento.

Ex situ in vivo: questo sistema prevede il mantenimento della popolazione animale in condizioni diverse da quelle normalmente previste secondo le normali pratiche di allevamento; gli animali possono essere allevati in tali situazioni sia nell’area di origine che al di fuori di questa. Il caso estremo è il mantenimento degli animali negli zoo che non offre alcuna possibilità di evoluzione della razza in funzione del cambiamento delle condizioni ambientali. Possono esserci anche condizioni intermedie che prevedono l’allevamento di piccoli gruppi di animali in stazioni sperimentali, in fattorie
didattiche o all’interno di aree protette.

Ex situ tramite crio-conservazione: questo metodo di conservazione prevede il congelamento di gameti (spermatozoi o ovuli) oppure di embrioni in azoto liquido. Gli spermatozoi congelati possono essere utilizzati con successo per fecondare femmine
riproduttrici tramite le consolidate e diffuse tecniche di fecondazione artificiale. Gli embrioni possono essere impiantati con buone percentuali di successo e dare origine a prole vitale nella maggior parte delle specie. È possibile congelare anche
cellule somatiche, il cui DNA può essere utilizzato per la clonazione degli animali, tramite le tecniche di trasferimento di nucleare. Tuttavia, quest’ultimo sistema presenta ancora notevoli difficoltà applicative.
Una combinazione delle diverse tecniche di conservazione può essere talvolta utile per creare le migliori condizioni di conservazione di una razza.

Come valutare la categoria di rischio di una Razza?

La FAO classifica il rischio di estinzione per una razza in vari livelli (FAO/UNEP, 2000)

Estinta: quando non sono più presenti riproduttori maschi o femmine. Tuttavia, se il materiale genetico è stato sottoposto a crioconservazione, resta aperta la possibilità di ricreare la razza.

Critica: quando la popolazione è composta da un numero di femmine in riproduzione inferiore o uguale a 100 o quando il numero totale dei riproduttori maschi sia inferiore o uguale a 5; oppure quando la numerosità totale della popolazione è inferiore o uguale a 120, con una tendenza alla diminuzione e con una percentuale di femmine accoppiate con maschi della stessa razza inferiore all’80%.

Critica – conservata: per quelle popolazioni animali in condizioni critiche per le quali sono stati adottati programmi attivi di conservazione o che sono oggetto di programmi di conservazione da parte di compagnie commerciali o istituzioni di ricerca.

Minacciata: quando il numero totale di femmine in riproduzione è superiore a 100 e inferiore o uguale a 1.000 oppure il numero totale di riproduttori maschi è superiore a 5 e inferiore o uguale a 20; oppure quando la numerosità complessiva della
popolazione è superiore a 1000 e inferiore o uguale a 1.200, con una tendenza alla diminuzione con una percentuale di femmine accoppiate con maschi della stessa razza inferiore all’80%.

Minacciata – conservata: per quelle popolazioni animali minacciate per le quali sono stati adottati programmi attivi di conservazione oppure che sono oggetto di programmi di conservazione da parte di compagnie commerciali o istituzioni di ricerca.

Non a rischio: se il numero totale di femmine in riproduzione è maggiore di 1.000 e quello dei riproduttori maschi è maggiore di 20; oppure se la popolazione totale supera i 1.200 soggetti, con una tendenza alla crescita.

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Ma cosa si intende esattamente per Razza?

Il grande numero di razze che costituiscono la biodiversità zootecnica pone il problema della definizione del concetto di razza. Occorre ricordare che fu solo nella seconda metà del diciottesimo secolo che l’inglese Robert Bakewell iniziò a raggruppare
animali simili da un punto di vista morfologico in popolazioni e diede inizio alla riproduzione degli animali basata sui dati genealogici; questo nuovo approccio determinò poi, nei secoli successivi, la nascita e il consolidamento dei moderni
metodi di selezione e miglioramento genetico degli animali domestici.
Attualmente il concetto di razza non è univoco e universalmente condiviso e ne esistono infatti diverse definizioni. Quella adottata dalla FAO identifica come razza un gruppo di animali domestici con caratteri esterni definibili e identificabili, che ne
consentono l’identificazione da un altro gruppo della stessa specie, oppure un gruppo di animali fenotipicamente identificabile e sufficientemente differenziato geograficamente e/o culturalmente da un altro, in modo da farne accettare l’identità separata (FAO, 1999).

Secondo altre definizioni, una razza è un complesso di individui della stessa specie, che si distinguono per caratteristiche somatiche e funzionali proprie, trasmissibili ai discendenti per ereditarietà (Borgioli, 1985), o anche un gruppo di individui di una specie che mostri maggiori relazioni genetiche all’interno del gruppo rispetto ai membri appartenenti a gruppi simili (Hart e Clark, 1993).

Se poi usciamo dall’ambito zootecnico, le definizioni di razza sono molto diverse e generalmente non considerano il fenotipo o il genotipo degli animali. Con questo approccio, una razza è tale se lo dicono i suoi allevatori, oppure se essa costituisce
un elemento imprescindibile del paesaggio, della storia, della società e della cultura di un determinato territorio.
Restando in ambito zootecnico, si parla anche di razze primitive o tradizionali, popolazioni derivanti dalle specie selvatiche per selezione ambientale, costituite da animali rimasti ai primi livelli di post-domesticazione, caratterizzati quindi da una grande
variabilità morfologica; razze secondarie o standardizzate, derivanti dalle precedenti per selezione di alcuni tipi o caratteri, che sono state ottenute in epoca più recente, con un grado di variabilità più ridotto a causa dell’isolamento riproduttivo
a cui sono state sottoposte; razze sintetiche, derivate dalla combinazione di razze secondarie o di razze primitive e secondarie e dalla selezione dei soggetti da questi derivati, con grandissime potenzialità produttive ma scarsa variabilità; razze mendeliane, selezionate a partire da un solo gene mutato.

Esistono molte altre definizioni di razza e il problema di trovarne una che sia universalmente condivisa rimane aperto.

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